il Vino ischitano

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ISCHIA: L’ISOLA DEL VINO

 Il prestigio del vino ischitano, frutto di una tradizione plurimillenaria, ha ricevuto il suo primo riconoscimento ufficiale nel 1966 quando all’Ischia Bianco e all’Ischia Rosso viene assegnata la prima DOC campana e la seconda nazionale. A quell’epoca la crescita turistica dell’isola d’Ischia era sì iniziata ma non aveva ancora raggiunto la sua massima espansione, erano messi a coltura con la vite almeno 2000 ettari di terreno e la produzione di vino era di circa 120mila ettolitri. Oggi la produzione è dimezzata, mentre i terrazzamenti su cui crescono i vigneti si estendono per soli 300 ettari!

VINO DI ISCHIA: VARIETÀ

I vitigni che hanno fatto la fortuna del vino dell’isola d’Ischia sono il biancolella, che si coltiva praticamente nella sola isola d’Ischia (e in modo limitato nella penisola sorrentina), il vino forastera (chiamato così perché è un vitigno che fu introdotto tardi e perciò fu definito “forestiero”), il “per ‘e palummo“, unico vino rosso, chiamato così perché la forma e il colore del raspo ricordano la zampa dei colombi, e che in Campania è chiamato piedirosso. Successivamente, quindi, si è deciso di introdurre una variazione al disciplinare della DOC, che adesso fa riferimento direttamente a questi tre vitigni, valorizzandone in tal modo le peculiarità. Ma nei secoli di attività enologica dell’isola d’Ischia ne sono stati coltivati in numero assai maggiore, dal nome spesso evocativo e che in parte erano esclusivi dell’isola stessa: per esempio ecco alcuni varietà dalle quali si ottiene un ottimo vino: uva rilla, coglionara, guarnaccia, san lunardo, levante, tintora, cacamosca… e ancora, zibibbo, lugliese, catalanesca, lentisco, pane, nocella, san filippo, sorbigno, coda cavallo, ecc. 

VINO DI ISCHIA: IL NUOVO INTERESSE

Da un po’ di anni si sta assistendo – dopo un lungo periodo in cui gli abitanti dell’isola d’Ischia hanno preferito abbandonare la coltivazione della terra a favore del lavoro nell’attività alberghiera e turistica – a un progressivo e costante ritorno di interesse per l’agricoltura e, in particolare, per l’enologia e produzione di vino a Ischia. Quindi, i caratteristici terrazzamenti sostenuti da muri realizzati con pietra locale a secco, senza l’uso di malte (chiamati in dialetto ‘parracine’), sono tornati a ospitare file ordinate di viti lungo i fianchi delle colline in molte località dell’isola.

VINO DI ISCHIA: LE CASE PRODUTTRICI

A Forio hanno recuperato antichi vigneti le case vinicole Cantine Pietratorcia e Arcipelago Muratori senza dimenticare la tenuta Calitto di Villa Piromallo. Sempre a Forio, in località Panza, ha sede l’azienda vinicola più grande dell’isola: Casa D’Ambra, anch’essa impegnata costantemente nella attività di produzione e vendita di Vino di Ischia. A Campagnano, sulle colline del comune di Ischia, ma anche a Serrara Fontana, ci sono i vigneti di Antonio Mazzella. Altra località privilegiata per il tipo di esposizione e ventilazione che conferiscono al prodotto vinicolo – al vino – caratteristiche specifiche è il Fango, a Lacco Ameno, dove ha recuperato un vigneto abbandonato la casa vinicola Tommasone.

VINO DI ISCHIA: CANTINA DI CRATECA

Sempre a Lacco Ameno sulle colline del Fango, nella località Crateca, la famiglia Castagna, imprenditori da generazioni nel settore alberghiero e proprietari dell’Hotel Terme La Pergola, con un accurato lavoro di recupero ha ridato la vita ad un antico vigneto, piantato con biancolella, forastera, per ‘e palummo, guarnaccia abbinati ai campani aglianico, fiano e greco, cui si aggiunge un bellissimo frutteto e l’orto. È stata ristrutturata anche un’imponente cantina all’interno della casa padronale, che è possibile visitare, dove si organizzano degustazioni di prodotti locali e dei due vini ischitani prodotti nei vigneti, il Crateca Bianco e il Crateca Rosso.

VINO DI ISCHIA: QUALITÀ E CARATTERISTICHE

Se la quantità di vino prodotta nell’isola d’Ischia rimane inferiore a quella che si ricavava dai vigneti isolani fino agli anni ’50 del ‘900, è pur vero che la qualità del vino prodotta è molto elevata. Alla fine del XIX sec. il vino ischitano era richiesto soprattutto per “tagliare” vini più forti come quello pugliese e si era diffuso come vino da bere, per lo più bianco, in tutti i centri del Tirreno e a nord fino alla Francia, dove veniva trasportato via mare con velieri, utilizzando contenitori in castagno da circa 700 litri ognuno che si chiamavano carrati. Oggi, invece, ormai da tempo l’isola d’Ischia è una realtà affermata fra i produttori di vini di eccellente qualità nella regione Campania e le sue etichette ricevono riconoscimenti prestigiosi. La maggior parte della produzione vinicola dell’isola d’Ischia è attualmente realizzata con i vitigni di cui diamo di seguito alcune caratteristiche, che possono essere vinificati in purezza o accostati, in percentuali definite dal protocollo della DOC, con altri vitigni come i bianchi Greco e Fiano e il rosso Aglianico.

Il vino dal vitigno Biancolella, dal colore giallo paglierino, ha profumi di fiori e frutti bianchi con una nota di frutta esotica, mentre all’assaggio risulta fresco e sapido: si accosta molto bene ai piatti di pesce, come il baccalà fritto e gli spaghetti con i frutti di mare.

Il vitigno Forastera, introdotto quando altri vitigni locali furono distrutti da un’epidemia di fillossera a metà dell’800, produce un vino di un deciso colore giallo con riflessi dorati, dall’odore contrassegnato da note di erba e di macchia mediterranea e minerali, mentre in bocca ha note sapide e fresche. E’ perfetto da bere come aperitivo su un antipasto di mare, per poi passare al biancolella.

Il Per ‘e palummo (o piedirosso) è un vitigno diffuso in Campania e assai antico, c’è chi ritiene che sia da identificare con il vitigno Colombina (nel cui nome c’è sempre il richiamo alla somiglianza fra i pedicelli della pianta e le zampe dei colombi) ricordato già da Plinio il Vecchio, da cui si ricava un vino di colore rubino che profuma di fiori e frutta rossa, al gusto è secco e salato. Si accosta in maniera eccellente a piatti tipici della terra di Ischia, sia di mare come la zuppa di pesce che campagnoli come il coniglio all’ischitana, alla cacciatora, il piatto ufficiale dell’isola. Da provare anche con altre preparazioni campane come la pizza di scarola e la parmigiana di melanzane.

Una menzione meritano i passiti e le vendemmie tardive, che si producono a partire dal biancolella, e che si accompagnano bene a dolci come la pastiera e la frutta secca.

VINO DI ISCHIA: STORIA (LA SALVEZZA NELLO ZOLFO – STORIA DEI FRATELLI SANFILIPPO)

Da Salina, un’altra isola vulcanica come Ischia, giunse nel 1855 la salvezza per le migliaia di ettari di vigneti ischitani mortalmente minacciati dal mal bianco e dalla fillossera, rispettivamente un fungo ed un insetto che da anni li distruggevano, mettendo in ginocchio un’economia basata esclusivamente sulla coltivazione della vite e sulla produzione del vino, qual era quella dell’isola.
I tre fratelli Gaetano, Giuseppe ed Antonio Sanfilippo giunsero, infatti, con una barca carica di zolfo, di cui le Eolie sono ricche, che intendevano vendere agli ischitani contro le due terribili malattie della vite. In cambio, avrebbero diviso i proventi della vendita dell’uva giunta felicemente a maturazione. Giunse la primavera e poi l’estate dell’anno successivo: i contadini osservavano con ansia le gemme e poi foglie e frutti e i piccoli grappoli che crescevano sulle viti irrorate di zolfo. Erano intatti, perfetti: i Sanfilippo avevano salvato l’isola d’Ischia dalla miseria. Eppure, il comportamento degli isolani con i tre fratelli fu da ingrati: sembra, infatti, che non rispettarono i patti e i siciliani lasciarono l’isola senza denaro e solo in due perché uno dei fratelli vi morì.
Dieci anni dopo, però, un gruppo di ischitani volle porre un sia pur modesto ringraziamento in ricordo dei Sanfilippo e collocò un’edicola votiva consacrata alla Madonna del Terzito, molto venerata a Lipari, ricordando il nome di Gaetano Sanfilippo “zolfatore d’uve”, il fratello che non tornò mai più alla sua terra. Ancora oggi si può vedere l’edicola e la targa all’incrocio di via Quercia con via Nuova dei Conti, a Ischia, e nel 2013 il Comune ha voluto celebrare con un gemellaggio con le Eolie il grandissimo “dono” che ricevette oltre 150 anni fa.

Viticoltura

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L’origine vitivinicola Ischitana ha una storia millenaria.

Ad Ischia la vite è stata introdotta dagli antichi Greci, ne è testimonianza un reperto eccezionale: la Coppa di Nestore datata 757 a.C. e scoperta dall’archeologo Giorgio Buchner nella metà del secolo scorso, custodita nel museo archeologico di Pithecausae.

Una viticoltura particolarissima che la conformazione del territorio, la sua altitudine, i numerosi e spesso piccolissimi terrazzamenti rendono  “viticoltura eroica” per la difficoltà di lavorazione della terra che  ancora oggi è difficile meccanizzare.

Un lavoro ingrato che il contadino ischitano ha sempre svolto con passione e molto spesso lontanissimo da ogni regola economica.

Peculiarità dei vigneti sono le “parracine”, ovvero chilometri di muri a secco in tufo locale per sostenere i terrazzamenti.

Attraverso i numerosissimi percorsi campestri si scoprono “parracine” in quasi tutta la montagna ischitana, prova evidente di terreni una volta adibiti a vigneto e che abbandonati hanno lasciato campo libero alla macchia mediterranea che ad Ischia si

presenta in tutto il suo splendore.

Nella metà secolo scorso la produzione vinicola ha raggiunto i 250.000 hl di vino, più contenuta in questi ultimi tempi.

Il particolare terreno ed il clima temperato caldo-asciutto, hanno favorito una viticoltura autoctona ( Biancolella , Frorastera e Piedirosso ) ed una forma d’allevamento di viti basse dette “a carraturu” create per sfruttare il calore del suolo.

I vini prodotti in gran parte si riconducono alla denominazione “Ischia”, tra le prime Doc riconosciute in Italia.

Gli uvaggi  Biancolella in loco chiamata “ianculillo” dal grappolo color oro giallo paglierino si propongono in purezza oppure con uve Forestera a produrre l’Ischia bianco.

Altro uvaggio  importante che partecipa con il Guarnaccia a produrre la tipologia rosso è il Piedirosso detto localmente “per e palumme”, per l’estrema somiglianza dei suoi raspi con il colore e la forma delle zampe dei

colombi.

Un itinerario enoturistico dell’isola, oltre a evidenziare la peculiarità dei terrazzamenti, le bellezze quali la baia di

  1. Montano, Lacco Ameno e lo scoglio a forma di fungo

o il vecchio Castello Aragonese d’Ischia Ponte, suggerisce la possibilità di visitare le cantine, alcune anche storiche come quelle di Barano e di Serrara Fontana, o anche altre più moderne, che hanno conservato la filosofia produttiva ed i caratteri originali dei vitigni isolani preminenti nell’isola.

Molte cantine sono visitabili su prenotazione e non è da mancare la visita di un Museo contadino in loc. Panza a Forio d’Ischia, dov’è possibile ripercorrere per la varietà degli oggetti conservati l’evoluzione della viticoltura ad Ischia. Particolarmente curato dai  ristoranti dell’isola il matrimonio ideale di piatti con i vini locali. I vini bianchi ischitani si lasciano gradevolmente abbinare con piatti di  pesce, così come alle carni bianche e delicate del coniglio all’ischitana.

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